Il primo terzo d’estate.

Ed ora ci sta che qui, anche a causa degli impegni -piacevoli e stimolanti- che mi sono preso con il canale YouTube (Piante carnivore di Pigliamosche Advisor) unitamente al profilo Instagram (pigliamosche.andrea_amici) che hanno reso fortemente attiva la mia figura di coltivatore storico di piante carnivore anche su questi “social” (mi ero sempre tenuto lontano da essi…) io latiti da una “piena mesata”, un mese importante a cavallo tra giugno e luglio dove il brulicare di vita in serra (e non solo) mi spinge a viverla da dentro profondamente, fondendomi con le piante, confondendomi con loro (nel senso più realistico del termine, quando mi capita di starci così tanto a contatto che non capisco più dove finisca io ed inizino loro).

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Dionaea al profumo di tiglio.

Questa storia l’ho già scritta e raccontanta tante volte, probabilmente perchè ogni anno passa da qui il suo spirito guida, che bussa e si fa sentire, quasi fosse per il timore di non veder rispettato un appuntamento di irrinunciabile richiamo. Mi riferisco alla fioritura dei tigli, che tocca la fine di maggio e la prima quindicina di giugno quando, spesso, l’aria tiepida dell’inizio estate si sposa con l’umidità del temporale prepotente che lascia subito spazio a squarci di profondo azzurro cobalto, macchiato dal candore puro di nuvole perfette.

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All’ombra della Wacca.

Maggio, maggiolino, maggiolone, ogni tuo giorno azzurro è per me un regalone! Fiori di campo m’avvolgono, mentre ne nascono nuovi d’attorno, ed attorno a tutto, con tutto l’attorno che è come un unico fiore.

Questa cornice estatica, satura la terra e l’aria dei campi e del bosco, verdi brillanti, mentre proteggono “la casa di vetro delle piante carnivore” al cui interno, complici maggior tepore ed umidità alle stelle, le crescite ribollono incontenibili, a ritmi vertiginosi e quasi arroganti!

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Il cuore della primavera.

E poi siamo all’inizio del cuore della primavera, quando verso sera sale un profumo nell’aria che è un mischione di terra umida, di linfa d’erba, di fiori del lillà avvolto a quello del biancospino, portati sulla giostra dalle brezze, talvolta frizzanti, dopo un temporale che lascia squarci di profondo cielo blu, trafitto dall’abbaglio di nubi mai tanto bianche quanto ora, appunto, sul bordo del cuore della primavera.

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