Drosera. Vastissimo genere di piante carnivore, tra i più eterogenei (se non il più) di questo mondo di vegetali cacciatori di insetti. Senza dubbio, un gruppo così tanto vasto da potersi vantare di aver colonizzato, attraverso efficacissimi adattamenti, tutto il nostro pianeta non solo dal punto di vista territoriale, ma anche da quello della moltitudine di habitat conquistati: a parte i poli, le drosere si trovano ovunque!

Dall’ambiente desertico sabbioso dell’Australia del centro-nord, alle paludi nord-americane; dai Tepui venezuelani, alle fresche colline neo-zelandesi; dalle torbiere europee, alle foreste africane. E via così, i biotopi colonizzati sono innumerevoli! Compito arduo poterli citare tutti.
La caratteristica che ha consentito un tanto largo successo, è quella che garantisce il risultato più stabile: la capacità di adattamento! Attraverso delle precise modifiche biologiche, strutturali, morfologiche, Drosera ha saputo diventare “bulbosa”, “temperata”, “picciolata-tropicale”, “pigmea”, “di foresta pluviale calda”, “di foresta o altopiano freddo”. Ed ancora tanti altri abiti, scintillanti e voracissimi!
Nel corso di molti anni di coltivazione, di incontri, di visite a collezioni di orti botanici o private, ho avuto la fortuna di vedere “face to face” migliaia di drosere. Quello che mi sento di dire, sinceramente, è che mai, in nessun caso, per nessun esemplare visto, ho riscontrato i contorni della banalità. Mai ho avuto la sensazione di “non vederla”, perchè una pur piccina, Drosera la vedi anche se non vuoi: il suo brillare di luce propria, il suo scintillìo ammiccante ed ingannevole fa sì che le basti un debole raggio di luce per esplodere in mille arcobaleni e risplendere laddove può soltanto lei.

Due episodi: il primo. Almeno 30 anni fa, insieme ad un amico si rinvasavano le prime sarracenie che finalmente iniziavano ad essere presenti nelle nostre collezioni. Durante quei lavori, capitava che rimanessero in mano alcune plantuline di Drosera capensis, nate per caso ed ospiti in quei vasi. Io, anche per un fatto di ordine (che cavolata…) magari ne tenevo una o due, le altre le buttavo. Lui, che faceva? Le andava a recuperare nel sacco nero, e mi rimproverava dicendomi: “Ma che fai? Sono pur sempre piante carnivore!”. Aveva ragione! Allora le riprendevo, ne facevo un vasetto a parte ed indipendente, che nella stagione da lì a venire mi avrebbe regalato crescite stupende e piante bellissime! Ed io che le avrei buttate via…
Il secondo. Visita all’orto botanico di Padova, sezione antica. Entro in area della collezione privata insieme a Fabio d’Alessi, che lì aveva collaborazioni e piante sue. Quindi accediamo ad una serra leggermente interrata, con il soffitto a vetri e le pareti di cemento: un caldo umido mostruoso, soffocante! Nella parte alta, sopra a mensole lunghe e strette, c’erano dei vasi a ciotola, larghi 20 cm, non tanto profondi. Ospitavano delle “collinette” di drosere spatulate, capillaris, venusta, aliciae di una bellezza mozzafiato! Il sole che entrava di taglio da quelle finestre, le accendeva come lampadine rosse, rosa e brillantissime! Avevano un’energia tale, che sembrava potessero muoversi e dirti “Ciao, come va? C’è un bel caldone qui dentro, eh?”. Da lasciarci il cuore.
Ora. Ne ho coltivate tante. Di tutti i tipi e da tutti gli ambienti. Sono tutte splendide, ma alcune sono piuttosto pretenziose e, giustamente, vogliono poter avere le condizioni più vicine possibile a quelle del loro habitat di origine per stare bene. Ho avuto innamoramenti intensi per le “picciolate”, che vogliono caldo umido e tanta luce in estate, fresco secco e forte luce in inverno (un grande problema); ho coltivato batterie numerose di splendide “bulbose”, che passano gran parte della stagione sotto forma di bulbo sotterraneo in attesa delle condizioni favorevoli (per troppi mesi, però, si ha la sensazione di avere vasi vuoti); mi sono lasciato tentare dalle forme sinuose di Drosera dalle foreste del Queensland australiano, che vogliono ombra profonda e caldo umido tutto l’anno (succede che in inverno sia difficile offrire sempre tali condizioni); ho coltivato le fredde drosere della Nuova Zelanda, ma l’estate italiana è un forno per loro. Insomma, ne ho volute avere con me di tutti i tipi, tutte bellissime, ognuna con la loro caratteristica identificativa.

Adesso, mi pare di aver raggiunto un certo equilibrio, nella capacità di capire i miei gusti e ciò che cerco da Drosera. Ho capito, finalmente, che non importa da quale parte del mondo essa provenga o quale sia la forma che riporti, sebbene mi sia lasciato circondare da un bel numero di rappresentanti…Dalla più grande alla più piccolina, dall’Africa alla New Zealand; dal Brasile all’Italia. Tante forme, un solo grande fascino.
Quello che mi attrae, quasi io fossi una falena notturna, è quel brillare estatico e magnetico, quel suo abito di festa tutto inghirlandato e luminoso, quegli arcobaleni senza fine nelle ore del sole tagliato di maggio. In questo mi perdo, mi ci addentro con lo sguardo e ne ascolto i sussurri.
Drosera. Un genere vastissimo, comprendente innumervoli specie, con altrettante innumerevoli forme. Se uno mi chiedesse di semplificare e di trovare, tra questo marasma di tentacoli collosi, la mia preferita io saprei già cosa rispondere. La mia Drosera preferita c’è, ed è Drosera.
(by AndreaAmici, piante ed immagini sono dell’autore)

Grande articolo Andrea…
Che mi ha fatto capire che, io coltivatore profano di “carnivore, devo dedicare più tempo allo studio del habitat naturale delle mie drosere e delle altre “carnivore” in generale.
Insomma lo stesso impegno (sicuramente non minore) che dedico per le diverse specie di orchidee…
Finora sono stato attento solo alla luce e al caldo per le Nephentes e le pinguicole…
Un grave errore per me… giustificato solo dal fatto del grande fascino che suscitano queste piante.
Grazie.
Beh, “errore” per modo di dire, caro Gioachino. Non è facile conciliare le esigenze di tutte le piante in poco spazio, in pochi metri cubi. Alla fine bisogna andare per macro-gruppi e trovare un denominatore comune rispetto a quelle che si vuole provare a coltivare al meglio! Con le Drosere è un lavoro non facile, dato che arrivano da ogni parte del mondo! Grazie a te, come sempre, per il tuo interesse profondo.
Stupendo, grande Andrea. Sempre un piacere leggerti 😉
Un piacere, per me, poter scrivere per chi sa intra-leggere…
Ciao Andrea, sempre bello leggerti, alimenti l’entusiasmo, grazie davvero!
Oggi ho eseguito i rinvasi di Dionea, Sarraceneia purpurea e leucophylla acquistate nel garden, che hanno trascorso l’inverno nella mitica cassettina con tnt, e l’ultima arrivata, sempre del garden, una Drosera.
Poi mi sono divertita a realizzare la torbiera seguendo le istruzioni del video 119 con Sarracenia purpurea e alcune nuove piantine di Dionea nate dallo stelo floreale reciso l’anno scorso!
Sono super felice ed impaziente di vedere l’evoluzione! È stato molto bello durante la pulizia e l’ispezione delle piante vedere la loro morfologia, le forme dei rizomi ecc
Grazie per tutti i consigli, l’allegria, la semplicità, che arriva dai tuoi video!
Un caro saluto!
Ciao Michela! “Che bello” lo dico io nel leggere le tue belle parole! Nell’apprendere che ti ho trasmesso emozioni, approcciando con pratiche che ti hanno offerto emozioni! Grazie a te! Quando e semmai avessi bisogno, anche solo di un punto di vista, non esitare a contattarmi! Ti mando un caro saluto ed auguri di buona coltivazione!